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Historia della battaglia durante la quale Marco d’Aviano cacciò il Turco da Vienna il 12 settembre 1683


Era già un po’ di tempo che i Turchi bazzicavano attorno alla città di Vienna. Di fatti avevano devastato i Balcani e messo a ferro e a fuoco l’Ungheria ed eccoli qua, accampati con 150 000 guerrieri. L’imperatore Leopoldo I° d’Asburgo cominciò a vedere male questo andarivenire. Di sera le strade non erano più sicure e gli amanti non potevano rincasare per paura di farsi sgozzare da un qualche ottomano. O tralasciavano le donne o rischiavano di farsi pizzicare con la mano nel sacco dai mariti mattutini. 

Ogni giorno l’imperatore riceveva reclami dai suoi principi e sudditi. Una situazione tale non poteva perdurare. Allora una mattina inviò un corriere per spiegare al Papa Innocenzo XI che così non si poteva andare avanti e che qualcosa s’aveva da fa, tanto più che così quei Turchi rischiavano davvero di stabilirsi in centro a Vienna e allora era fottuta la stagione lirica: qui invece  degli amori di Orfeo ed Euridice si sarebbero sentite le litanie dei muezzin  e basta... Anzi avrebbero trasformato l’opera in moschea e buona notte suonatori...

“ Già – disse il Papa scuotendo il capo sotto la sua imponente mitre – mi consulterò”...

Poi il tempo passò perché si consultò davvero con tutte le tendenze politiche del suo staff. I conservatori non volevano spendere i soldi che erano stati preventivati per ingaggiare nuove guardie svizzere e quindi consigliavano di temporeggiare. La sinistra pretendeva che quei Turchi erano delle brave persone e che si sarebbe aperto un enorme opportunità per il commercio. I gesuiti calcolavano che si poteva fare una finta alleanza coi Turchi , lasciarli venire in avanti ancora un po’ e poi zak, tagliare la retroguardia e decimarli. I benedettini non avrebbero voluto azioni violenti perché sapevano che i Turchi viaggiavano con molti libri che leggevano alla sera quando erano sdraiati sui cuscini attorno al narghilè e quindi adocchiavano quei testi nuovi, probabilmente birichini, con concupiscenze... 

Poi si venne a sapere che il re di Francia, Luigi XIV, aveva fatto il solito tiro mancino come era già successo a Lepanto ed aveva patteggiato con l’ottomano, ovviamente non per simpatia del nemico ma per speranza di indebolire l’imperatore germanico suo rivale.

Andò a finire che i mesi passarono e Leopoldo diventò davvero inquieto a tal punto che chiamò il suo amico Marco e gli disse:

“Tu che hai le tue entrate al Vaticano, fa dire al Papa che si dia una mossa se no mi verrò costretto a chiedere aiuto ai comunisti della Russia...”
“Accidenti! – esclamò il Papa – i bolshevichi giammai!!! chiamatemi quel Marco!”
E siccome Marco stava dietro alla porta con l’orecchio incollato al buco della serratura per seguire il dibattito, entrò di colpo e si prosternò ai piedi del Santo Padre sussurando:
“Santità...”
“ In piedi e all’ordine!” – ordinò il Papa.
“ Santita si! “ gridò Marco scattando  sull’attenti.
“Tu cosa ne dici? Ci sono qui gli abruzzezi che mi dicono di attaccare mentre i tuoi connazionali friulani mi dicono di temporeggiare ...”
“Ma per l’amor del cielo! Non vorrà mica ascoltare quelli di Conegliano o di Belluno... quelli pensano solo ad andare ad arrampicare sul Civetta, hanno addirittura stabilito un campo base al Vazzoler! Dio ce ne guardi, anzi Dio ci guardi da un Papa bellunese tout court, Canale d’Agordo peggio che peggio... Qui ci vogliono palle quadrate: Polacchi, Bavaresi, Sassoni e magari, qualche volontario padano... Va bè che non sarà facile farli smettere di litigare tra di loro, ma me ne occupo io... carta bianca! mi ci vuole carta bianca e per il resto ... si fidi di me!”

“Già - pensò il Papa - se si mettono ad eleggere papi canalini siamo fritti, per male che vada …meglio un bergamasco... Allora, va bene per questo Marco qua e se l’affare va a rotoli potrò dare la colpa a quelli di Aviano che comunque è lontano da Roma...  Accordato! Marco da oggi ti nomino difensore della Fede e dell’Europa cristiana , fai come vuoi, ma non farci fare figure da cioccolatai! “

“Amen” – disse Marco e si ritirò.

Detto, fatto, egli chiamò il suo amico l’imperatore Leopoldo  :

“Puoi suonare il raduno, siamo in partenza...”
“Cosa faccio? - chiese Leopoldo - chiamo comunque i Francesi?”
“No, non parlarci nemmeno, lasciali bighellonare nelle loro illusioni, palazzi, parchi e turcherie che lì vanno di moda, noi ci cuchiamo il Turco dal vero e vinciamo il premio!”
“Quale premio?”
“Prima la vittoria e poi la ricompensa...”
“Bon, allora se non vuoi dire niente va bene cosi, intanto raduno quelli che hai detto, cioè dalle palle quadrate e dalla crapa da legn...”
Durò ancora un paio di settimane ed è cosi che si trovarono sulle colline che sovrastano la città di Vienna in quel fatidico 12 settembre del 1683.

Per fortuna era una giornata soleggiata ma frescolina e dall’altra parte della città i Turchi dormivano ancora nelle loro tende. I muezzin avevano già chiamato alla preghiera, tutti si erano alzati, avevano fatto le abluzioni con acqua gelida...orrenda... poi tutta la tiritera del loro rosario e poi erano corsi a ritufarsi nel sacapelo in attesa dell’arrivo dei primi raggi del sole, borbottando contro il Visir che avrebbe fatto meglio di starsene a casa dove in questo periodo c’era la vendemmia e la stagione dei luqum alla rosa. 

Invece il Gran Visir Kara Mustafa aveva approfittato della levataccia per infilare una vestaglia di damasco scarlatto profumata al gelsomino e poi dopo le devozioni si era incamminato verso le tende del suo harem mobile. Di fatti aveva una nuova giovincella la cui conquista fu nettamente più piacevole che quella di questa maledetta Vienna fredda e nebbiosa quando non piove.

“Ciao amore...” – sussurrò Mustafa all’orecchio della fanciulla addormentata che di sicuro non aveva sentito il muezzin perché Mustafa aveva vietato di disturbare le signore. 

“Mmmm...?” – rispose la biondina cambiando posizione ed aprendo largamente le braccia scoprì il suo delizioso corpicino tutto bianco e morbido ed integralmente nudo tra i cuscino di seta rossa, arancione e gialla come una fornace.
“Santo Cielo! – mormorò Mustafa - che gran ben di Dio!” e togliendosi la vestaglia scivolò accanto a quella profusione di rotondezze calienti che gemevano già dal anticipo di piacere”
“ ô Musty, fammelo ancora, fammi ancora Kara Kara...” gemette la bimba lasciva attorcigliandosi come un pampan della vigna.
“Non c’è fretta Truciolina mia ...” sussurrò il Gran Visir che chiamava così la biondina perché aveva i cappelli a lunghi boccoli e poi s’insinuò tra quel gran ondeggiare di cuscini, piumoni, braccia, gambe, cappelli e tettine che sembravano lamponi depositati su budino alla vaniglia.
“Ah, - pensò Mustafa – se le 72 verginelle del paradiso sono come questa ...”

“Monsignore!” - tuonò un uomo che  fece irruzione nella stanza come un destriero d’assalto.

“Che palle! – esclamò il Gran Visir – Non si è mai tranquillo in questo accampamento bordellico, tagliategli la testa!”
Le guardie si precipitarono e zimmm colla scimitarra tagliarono la testa del generale senza nemmeno aver visto a chi apparteneva...

Il Gran Visir riprese il corso dei suoi raffinati preliminari e Truciolina continuò a fare le fusa quando irruppe un altro uomo impazzito che gridava come  fuori di sé.

“Ancora! Accidenti! Tagliategli la testa! e lasciatemi scopare in pace!” - urlò il Gran Visir veramente stizzito.

E così passarono ancora molti minuti preziosi di grande goduria e finalmente quando Truciolina si fu riaddormenta Mustafa si alzò ed andò sotto la doccia. Quando i soldati lo sentirono cantare l’aria del Duca di Mantova pensarono che era finalmente arrivato il momento di sottoporgli il quadro della situazione senza più rischiare di vedersi tranciare il collo. 

Di fatti Mustafa si sedette per bere l’espresso e tutto sorridente disse al soldato :

“Allora Abdulla, cosa c’è di nuovo in questa deliziosa giornata...?”
“ Euh... hm hm... – disse prudentemente il soldato  che ci teneva al proprio capo – il fatto è, Monsignore, che quegli infedeli si sono, euh... avventurati ad  euh... avvicinarsi smisuratamente al nostro campo...”
“E cosa sarebbe a dire?”
“Bè, io di preferenza non direi nulla, mi permetterei solamente di suggerire alla sua Signoria di prendere il cannocchiale e di dare un occhiatina alla situazione lei stesso...”
Mustafa finì la sua tazzina di caffè e si presentò sull’uscio della sua tenda, prese il cannocchiale e guardò verso le linee nemiche e poi ebbe un soprassalto che fece tremare tutti i pali e tutti i cordagi che reggevano il tendone e gridò come un tuono che scosse l’intera vallata:
“MERDA!” - come l’aveva imparato dai suoi alleati francesi.
Qui si ballava male: il Gran Visir aveva fatto tagliare la testa dei generali principali e gli infedeli erano già in moto da un bel pò e si trovavano a tiro di schioppo, anzi avevano già imbracciato gli schioppi ed aspettavano solo l’ordine di sparare.

Tra i crociati ci si muoveva con ordine e metodo. Il piano di battaglia era stato studiato e spiegato bene, le truppe disposte in punti strategici in tal modo che il maomettano sarebbe cascato in una trappola mortale senza contare che i trappisti fiamminghi avevano provveduto a riempire le borracce dei soldati con birra doppio malto che dava loro un impeto mai raggiunto nel passato.

A questo punto Marco scorse la sagoma del Gran Visir e fece la sua mossa vincente, cioè si affacciò su di un promontorio ed a squarcia gola urlò:

“Gran Visir Mustafa, io dei Turchi come te ne mangio cinque a colazione!” - poi afferrò il suo sandwich a due mani e coi pollici in mezzo schiacciò il pane a forma di mezza luna  lasciandoci le tracce delle sue 10 ditta ed in un colpo solo lo inghiottì poi strappò altro quattro sandwich dalle mani di soldati che gli stavano accanto ed idem li transguggiò urlando:
“Hai visto quello che ne faccio io del Croissant?” - ovviamente faccendo riferimento alla mezza luna simbolo dell’islam ed all’alleanza perversa col re di Francia e poi per concludere buttò in alto la mano destra con tutte le ditta divaricate gridando:
“Hai visto, io dei kiffer come te ne mangio cinque a colazione!”
(Churchill puntava solo indice e medio  perché lui soleva far segno al cameriere di solo “due briosches” quando entrava di mattina al bar di fronte al 10 Downing street.)

“Wadesmada!” - bestemmiò il Gran Visir in dialetto turco e poi prese lo choc della sua vita (anche perché un pò di francese lo capiva per via delle francesine nel suo harem) quando vide Marco strappare una grande croce di legno ed urlare alle sue truppe:

“Avanti! sus à l’ennemi, pas de quartier, niente prigionieri , mazzaitücc! Per Bacco !!! » Gridò molto forte perché di fronte ai 150 000 maomettani i crociati erano solo 70 000... 

Allora il Gran Visir anche lui si mise ad urlare :

“Allarme! Quelli sono matti! Non rispettano niente, né le regole dell’arte del guerreggiare, né il buon senso e nemmeno le convenzioni di Ginevra... sono impazziti, anzi hanno la rabbia... sauve qui peut, fuggite, si salvi chi può !” - ed egli stesso saltò sul primo cavallo  e non si fermò che quando fu arrivato alle porte del Bosforo.

Fu una gran strage ma quello che seguì fu un passo decisivo nella storia della civiltà europea e la ricompensa promessa.  

Quando Marco e Leopoldo arrivarono alla tenda dell’harem scoprirono tutte le fanciulle terrorizzate.

“Pace e bene sorelle!” – disse Marco.

Poi le batezzò e promise che sarebberò tutte state ingaggiate come soubrettes nel palazzo imperiale a condizione che spiegassero il segreto delle legendarie perfomance sessuali dei Turchi.

“Niente di più semplice - disse Truciolina spiegandosi come poteva in italiano che era una lingua che conosceva un pò per aver letto Bocaccio e faccendo battere le sue lunghe ciglia come le ali di una farfalla – è il caffè che fa tirare il piccio...”

“Il caffè??? - esclamò Leopoldo – ma cosa sarà???”
“Niente di più semplice - disse Truciolina e chiamò la sua damigella di compagnia – Sultanina, porta il caffè ai lor  signori ...”
Ma siccome i Turchi bevevano il caffè alla turca era terribilemente amaro...
“Bèèèèèè che schifo! - urlò l’imperatore Leopoldo I° sputando caffè dappertutto – mi vogliono avvelenare!!!”
“Calma, calma – disse Marco – te l’ho già detto a proposito di tua moglie Eleonora, sei troppo impetuoso, calma e sangue freddo... ecco, dammi la tazzina, voilà: metà caffè e metà latte alla moda cappuccina... e magari anche un pò di miele... cosa ne dici?”
“ Alla bonheur! questo sì che è un cappuccino ! non hai più uno dei tuoi croissants?”

Con questo viatico i crocciati respinsero il Turco fuori da Budapest (1684-1686), Neuhäusel (1685), Mohacz (1687) e Belgrado (1688), fino alla pace di Karlowitz (1689) , gridando: “via! via! tornate a casa vostra e non venite mai più a rompere le palle da noi!” 

-“Non ne posso più, ma il Papa comanda...” – finì per dire Marco che cominciava ad essere stufo del campeggio.

Ovvviamente i francesi stizziti e scazzati perché una volta di più videro che si può benissimo fare senza di loro, per ripicca, fecero correre la voce che il croissant-caffè-crème l’avevano inventato loro...

Passarono secoli.

Una mattina, Papa Giovanni Paolo II era seduto in una poltroncina scricchiolante di vimini sulla terrazza di Castel Gandolfo all’ombra di un pino marittimo in fiore, il cui polline faceva starnutire  e si stava sgranocchiando il suo croissant-cappuccino e siccome si sentiva veramente bene e che gli uccellini cantavano egli fu trasportato in una profonda meditazione sull’ingiustizia, su quella prepotenza dei gaglioffi francesi (tra l’altro anche miscredenti, socialisti e frammassoni) e su quella nobile figura che era stato Marco d’Aviano.

“Mô!, me lo beatifico! - esclamò GP – Camerlengo, il mio scrittoio!”

“Subito” – rispose Joseph  (che di parentela faceva Ratzinger ) perché il camerlengo era in week-end e portò lo scrittoio con una penna bic ed il Santo Padre scrisse in gotico:

“ In questo giorno 27 aprile dell’anno di grazia 2003 del Signore, dichiaro Beato,  Marco d’Aviano per essere stato “il medico spirituale dell’Europa” portandole il croissant-cappuccino che fa bene alla salute mentale, fisica e spirituale. Il popolo dei fedeli ricorderà la data di nascita del Beato il 17 novembre con adeguate libagioni e recita di rosario. Indulgenza comsicomça.  Deo Grazia! Amen!”

In seguito a questo gesto coraggioso che segnò una svolta nel destino dell’Europa christiana, il popolo chiese che  Papa Giovanni Paolo II fosse dichiarato santo subito.


Anna Lauwaert – Loco, 7 ottobre 2005 , festa della Madonna del Rosario.




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